Joe Helmore

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La nostra Thailandia

di Caterina Cella

Sognavo questo viaggio da due anni e quando è arrivato il momento di programmarlo ho voluto fare le cose per bene.

Ho progettato da casa tutto l’itinerario, e credetemi, creare un itinerario di un mese in uno Paese in cui non sei mai stato è davvero difficile.

Il mese prevede 8 giorni in Thailandia, 15 in Vietnam e altri 8 ancora in Thailandia nell’isola di Phuket.

Ma andiamo con ordine.

Partiamo il 30 di settembre da Londra con uno zaino forse un po’ troppo grande e pieno (è il nostro primo viaggio zaino in spalla e fuori dall’Europa, cosa vi aspettate?), un passaporto mai usato, tanta adrenalina e un po’ di ansia.

Voliamo con UIA, compagnia ucraina che fa scalo a Kiev e ci offre per colazione (alle 7 di mattina) un ottimo panino con i peperoni. Abbiamo scelto i voli più economici e questo ci ha permesso di spendere attorno ai 600€ A/R a testa.

Sull’aereo facciamo il nostro primo incontro: un ragazzo tedesco, giovane che viaggia da solo, e che ci racconta che questa è la sua terza volta in Thailandia da quanto ne è rimasto affascinato. Ora capisco il perchè.

Bangkok

Atterriamo a Bangkok, recuperiamo i due mega zaini, preleviamo un po’ di moneta locale e andiamo a prendere il treno che ci porta dall’aeroporto alla città.

Sul treno ci mettiamo a mangiare qualche snack per poi accorgerci che nessun altro in verità lo sta facendo! Solo dopo mi accorgo del cartello “vietato mangiare”, va beh, pazienza.

In città siamo spaesati: non sappiamo come raggiungere l’hotel, pensiamo di prendere un bus locale ma non sappiamo come orientarci. Un signore ci viene in soccorso, e dopo averci raccontato della ferrovia che passa in mezzo alla città e in mezzo al mercato, ci prova ad aiutare a trovare un mezzo per portarci all’hotel. Ma con scarsi risultati.

Decidiamo allora di buttarci, di fermare un taxi e di provare a contrattare.

I thai AMANO contrattare. Di solito il prezzo che fanno è il doppio se non il triplo di quello reale.

Qui facciamo il nostro secondo incontro: una coppia di ragazzi americani ci chiede di dividere la corsa. Noi accettiamo e credendoci pronti alla contrattazione, iniziamo a rilanciare l’offerta dell’autista.

A un certo punto il ragazzo americano interviene, inizia a parlare thai, a contrattare ancora meglio e a ridurre il prezzo a meno della metà.

Stupiti decidiamo che quel ragazzo deve diventare il nostro esempio e iniziamo a fargli più domande possibili. Ci racconta che ha vissuto per un po’ in Thailandia e che quindi sa come gestire i Thai.

Dico “gestire” perché credo sia la parola più esatta: i Thai sono particolari, va detto.

La cosa che mi ha più colpito è stata scoprire la loro “cultura dei sorrisi”: esistono vari tipi di sorrisi ognuno con un significato diverso. C’è pure quello che esprime “non mi piaci”.

Quando arriva il momento di scendere dal taxi per andare all’ostello, ci perdiamo a parlare con i due ragazzi americani e non ci accorgiamo che l’autista se ne va senza darci il resto: alla fine comunque ha ottenuto quello che voleva.

Per orientarci meglio decidiamo di acquistare una sim locale che sarà la nostra salvezza finchè non scopriremo l’opzione “mappe offline” di google maps.

Daniele è un ragazzo italiano che ha deciso di venire a vivere qui a Bangkok e aprire questo ostello. Ci racconta di come la via in cui si trova, vicino a Kao Sao Road strada prettamente turistica e piena di bar dove bere e fare festa, era una via brutta, malfamata e piena di persone non troppo socievoli, specialmente con uno straniero come lui. Daniele ci ha messo anni, ma con la sua determinazione, è riuscito a ripulire quella via e ad aprire il suo ostello in totale sicurezza.

Ora so cosa state pensando, ed è la domanda più frequente che la gente mi fa: no ragazzi, la Thailandia non è pericolosa. Non mi sono mai sentita così sicura a girare la notte per le strade. Vero che non ero da sola, ma credetemi quando vi dico che non ho mai e poi mai avuto un dubbio sulla nostra sicurezza.

Il giorno del nostro arrivo lo passiamo a visitare Bangkok e principalmente i suoi templi, per poi finire, e questo sarà un passaggio di rito durante tutto il nostro viaggio, in una zona non turistica.

Non abbiamo visto il mercato sul fiume ne quello sulle rotaie, non siamo nemmeno andati sul famoso rooftop da cui si vede tutta la città, ma abbiamo visto la Bangkok vera, quella dove i turisti non vanno, quella che potrebbe spaventare specialmente di sera. In linea generale comunque come città non mi ha colpito più di tanto poichè non ci ho visto molta differenza dalle grosse metropoli occidentali.

Ayutthaya

Siamo a Ottobre il che vuol dire stagione invernale (comunque i 30° C c’erano) e giornate più corte.

Ciò porta a svegliarsi presto ogni giorno e a tornare altrettanto presto.

Tenendo come centro Bangkok, il secondo giorno partiamo per andare a Kanchanaburi. Peccato che il tuktuk non ci capisce e invece che portarci alla stazione dei bus ci porta a quella dei treni, Hua Lamphong (dove nessun treno va a Kanchanaburi).

Un tuk tuk

Cosa facciamo allora?

Prendiamo un treno e andiamo ad Ayutthaya, l’antica capitale. Ovviamente avrete già capito il tipo di viaggio stiamo facendo quindi vi lascio immaginare che treno abbiamo preso per raggiungere la nostra destinazione. Paghiamo 40THB (1,12€ A/R a testa) per due ore di viaggio sul treno dei locali, quello senza aria condizionata, quello dove possiamo vedere meglio la vita e dove facciamo il nostro quarto e poi quinto incontro: un’altra coppia di americani e un ragazzo thai particolarmente interessato a noi che ci fa mille domande, alle quali rispondiamo con altrettante mille.

Arrivati a Ayutthaya la prima cosa da fare è andare di fronte alla stazione e affittare due bici ( 2,80€ a testa per tutto il giorno). Insieme alle bici ci danno anche una mappa in cui sono segnati i templi da visitare, una mappa simile a quelle che ti danno nei parchi giochi.

La testa apparteneva alla statua di un Buddha. Quando la statua è caduta il corpo è sparito e la natura ha preso il sopravvento intorno alla testa.

Dopo aver seguito quel tragitto, visitato le bellissime rovine dell’antica capitale e visto i tristissimi elefanti con i baldacchini che portano in giro i turisti non rispettosi, indovinate cosa è successo?

Ci siamo persi. Siamo usciti dai confini della mappa, credendo di esserci ancora in realtà, e siamo finiti tra le case dei Thai. Abbiamo mangiato in una di queste (è difficile spiegare ma avere un “””“ristorante”””” nel proprio garage è una cosa molto tipica) e ci siamo rimessi in bici per tornare indietro.

Faceva molto caldo, non avevamo messo la crema solare e ci siamo ustionati le braccia e la mani. Ci siamo ulteriormente persi perchè a un certo punto siamo finiti su uno stradone tipo autostrada e abbiamo notato il cartello “Ayutthaya” con tanto di freccia nella direzione opposta di dove stiamo andando.

Dove siamo capitati non lo so, ma siamo comunque riusciti a tornare indietro, restituire le bici e andare verso la meta successiva.

Se capitate qui, non andate al floating market, perché è solo un’attrazione per turisti e non ha nulla di particolare.

Bello però come per tornare alla stazione non siamo riusciti a prendere nessun taxi o tuktuk e ce la siamo dovuta fare a piedi, rischiando di perdere l’ultimo treno per Bangkok. Ma va bene così.

Kanchanaburi

Ho voluto inserire Kanchanaburi nel nostro itinerario perché ci tenevo molto a visitare la ferrovia della morte: una ferrovia ancora in uso che va da Kanchanaburi al capolinea di Nam Tok, comprendendo i celebri Ponte sul Fiume Kwai e Wampo Viaduct. La ferrovia originale però proseguiva a nord, oltre Nam Tok verso la Birmania (oggi Myanmar), attraverso uno stretto corridoio nella foresta che fu scavato dai Prigionieri della Seconda Guerra Mondiale e dai lavoratori del sud-est asiatico (chiamati romusha). Le loro condizioni di vita erano talmente dure che in migliaia persero la vita: si stima che oltre 90.000 romusha, soprattutto malesi e birmani, e fra 12.000 e 16.000 POW’s (Prisoners of War) fra cui australiani, inglesi, olandesi e americani morirono per costruirla tra il 1942 e il 1943, e per questo motivo la ferrovia fu presto associata alla morte.

Una volta arrivata a Bangkok però mi sono resa conto che per visitarla bisognava prendere un treno che passa solo tre volte al giorno, e quindi abbiamo preferito scartarla.

Siamo comunque andati a Kanchanburi partendo dalla stazione dei bus (quella giusta questa volta) Sai Tai Mae, per andare a visitare il parco dell’Erawan.

Ci vogliono due ore in bus da Bangkok a Kanchanaburi (2,80€ a testa) e poi altre 2 ore su un altro bus per raggiungere il Parco.

Mi raccomando, quando fate questi viaggi assicuratevi di avere sempre soldi contanti con voi.

Arrivati al Parco (8€ a testa di ingresso) iniziamo la nostra esplorazione: ci aspettano 2km in salita a piedi per vedere le 7 cascate del parco. In alcune è possibile fare il bagno.

Dopo i primi 4 livelli i turisti si facevano sempre più radi, e alla fine c’eravamo solo noi e altri pochi avventurieri. Perché?

Perché la stagione delle piogge aveva inondato le cascate e quindi il sentiero che portava fino alla settima era pieno di acqua e bisognava salire o a piedi nudi o contare di inzupparsi totalmente le scarpe -opzione non contemplabile da noi in quanto il giorno dopo dovevamo prendere un aereo-. Quindi con le scarpe legate allo zaino e i piedi completamenti nudi abbiamo risalito questo “ruscello” fino alla settimana cascata dove abbiamo avuto anche l’onore di vedere la prima scimmia in libertà della nostra vita.

La discesa è stata un po’ più problematica, presi anche dalla fretta che l’ultimo bus partiva alle 4.

Arriviamo giù alle 3, in perfetto orario, per prendere il penultimo bus MA, non abbiamo soldi per pagarlo (ecco perché poche linee più su vedete il mio consiglio).

OVVIAMENTE nei dintorni del parco non c’è un ATM, e il più vicino è nel paese precedente (dove fortunatamente il bus del ritorno fa una tappa).

Ci incamminiamo allora verso questo paesino, stanchi dopo la camminata delle cascate.

Decidiamo che a piedi non si può fare, abbiamo meno di un’ora per raggiungerlo e prelevare i soldi.

Facciamo autostop. Una ragazza si ferma e ci da un passaggio: la cosa divertente? Eravamo praticamente arrivati. La ringraziamo, riusciamo a prelevare e pure a mangiare, qualche coccola veloce ai gatti randagi e prendiamo il bus per tornare.

Sul bus del ritorno facciamo il nostro sesto incontro: una coppia di ragazzi indiani con cui spendiamo tutto il viaggio e che alla fine ci dicono che se mai un giorno dovessimo andare in India ci ospiteranno volentieri.

Ma che bello è viaggiare?

Chiang Mai

Ancora una volta abbiamo dovuto stravolgere il mio piano originale e saltare Sukothai come tappa. Avevo previsto di: prendere un treno fino a Sukothai, stare lì una notte e poi prendere un altro treno e arrivare al nord a Chiang Mai.

Purtroppo però raggiungerla è più complicato del previsto quindi alla fine abbiamo optato per un aereo veloce da Bangkok a Chiang Mai -volo tra l’altro prenotato il giorno prima e che ci è costato circa 75€ in due-.

Su questo volo facciamo il nostro ottavo incontro: una coppia di ragazzi di Milano con cui condivideremo aneddoti e informazioni davanti a una birra locale accompagnati dal cibo.

Arrivati a Chiang Mai ne approfittiamo per lavare i vestiti e rilassarci un po’ andando alla scoperta dei templi e concedendoci il tipico massaggio thailandese dal quale ne usciremo distrutti.

A Chiang Mai ci passiamo 5 giorni in cui visitiamo Doi SuThep affittando il nostro primo motorino (7€ per 24h), perdendoci ancora, rischiando di rimanere chiusi in un parco; prendiamo parte a uno di quei tour tristissimi per turisti per andare a visitare Chiang Rai e il suo famoso tempio bianco (voto: 4/10); ci rilassiamo ancora a Chiang Mai scoprendo anche la vita fuori dalle mura che circondano la parte storica e in cui alloggiamo; ma soprattutto andiamo a visitare l’Elephant Nature Park.

Ora: il nord della Thailandia è pieno di parchi come questo, parchi in cui vengono salvati gli elefanti dagli zoo, dalle camminate in mezzo alla strada con tanto di baldacchini ecc, quindi il mio consiglio è di non prenotare in anticipo come abbiamo fatto noi, ma di cercarlo direttamente lì.

La giornata passata in questo parco è stata sia bella che forte: vedere questi giganteschi animali rovinati dalla cattiveria dell’uomo, resi ciechi per i troppi flash, sordi per i rumori della strada o senza più una schiena piatta ma in discesa per il troppo peso del baldacchino e delle persone, mi ha fatto molto male.

Se per caso vi doveste trovare nella situazione, vi prego non fate queste cose, non prendete parte a questa crudeltà.

A Chiang Mai la nostra avventura thailandese si interrompe per poi ricominciare dopo 15giorni in Vietnam.

Il nostro vietnam: https://medium.com/@storiediviagginelmondo/il-nostro-vietnam-3ecdfc6bbf2f

I seguenti 8 giorni a Phuket, sono trascorsi con lo scopo di visitare ogni giorno una spiaggia diversa, in sella al nostro motorino, affittando kayak, partecipando a escursioni con tanto di immersioni e di relax sulla spiaggia.

Per vedere un tramonto mozzafiato, andate sulla spiaggia di Nai Harn, sedetevi su uno scoglio e ammirate la magia.

Guarda il video su Youtube:

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